di Franco Di Giangirolamo
Pubblichiamo di seguito il contributo di Franco Di Giangirolamo, socio di ANPI Berlino, che stigmatizza l’unilateralità con cui in occidente, e soprattutto in Germania, si affronta il conflitto israelo-palestinese
BERLINO. Il sonno della ragione? Partecipando a decine (forse centinaia, ho perso il conto) di manifestazioni contro l’antisemitismo e in memoria delle vittime dei crimini del nazionalsocialismo e aver tentato di comprendere l’enorme, encomiabile lavoro che i tedeschi hanno prodotto sia in ordine alla memorialistica, che alla pubblicistica e alla educazione civica e alla formazione scolastica in ordine al problema “razziale”, di cui l’antisemitismo è un aspetto, mi sono convinto che, diversamente da quelle italiane, le istituzioni tedesche abbiano fatto, seppure tardivamente, e stiano facendo seriamente i conti con la loro storia.
L’infamia delle leggi razziali e della loro scientifica e terrificante attuazione rimarrà nella storia come un marchio di infamia sia per loro che per coloro che ne hanno condiviso la strategia infernale (italiani in primis, e non solo), ma la conversione del senso di colpa collettivo in politiche attive, ad ogni livello e su vari piani, contro l’antisemitismo e le politiche di discriminazione razziale sono, a mio avviso, un “valore” che va riconosciuto a tutto il popolo e alle istituzioni che lo rappresentano.
Avendo maturato questa considerazione, mi diventa difficile, anzi impossibile, comprendere la assoluta mancanza di ragionevolezza, che i politici tedeschi manifestano quasi unanimemente quando incrociano, per qualsiasi motivo, la parola “ebreo”. Non solo nel caso dei tragici eventi che stanno accadendo in Palestina, ma sempre e comunque. Non so neanche come esprimere efficacemente quella che a me sembra una propensione esagerata a strafare, a sragionare. Non so se si possa parlare di una allucinazione permanente che risponde al desiderio di vedere antisemitismo dappertutto pur di combatterlo anche dove non ce n’è bisogno, nè necessità. Non so se si tratta di ipersensibilità, visto che di antisemitismo hanno più esperienza di qualunque altro popolo.
Non so se l’esibizione esagerata di appecoramento filosionista sia motivata dal terrore di non essere creduti abbastanza sinceri. Sono solo convinto che se i tedeschi fossero croupier, farebbero carte false per far vincere gli ebrei alla roulette e che chiederebbero perdono a gran voce se un ebreo, attraversando col semaforo rosso, li mettesse sotto le ruote della loro macchina.
Ascoltare le massime autorità dello Stato che dichiarano il loro sostegno ad Israele, sottolineando “incondizionato”, riascoltare il refrain dell’equiparazione tra antisionismo e antisemitismo, nonchè la responsabilizzazione di tutti i palestinesi ovunque essi vivano per i crimini terroristici di Hamas, guardandosi bene dall’esprimere qualsiasi preoccupazione per il popolo palestinese, anzi inneggiando, come ha fatto qualche sprovveduto (qui abbondano come in tutto il mondo) alle misure draconiane decise per affamare e assetare donne e bambini al motto del “Diritto di difesa di Israele” , che da decenni ha istaurato un regime di Apartheid, mi obbliga a ridimensionare in negativo le mie valutazioni.
Non è una novità, anzi è una caratteristica tipica, la doppia, tripla coscienza del Nord globale, Germania compresa ovviamente, che crea disorientamento e difficoltà di comprensione, e che ridimensiona la capacità egemonica della nostra civiltà in disfacimento, ma qui ci sono storici di valore mondiale che potrebbero suggerire ai politici, se non sono travolti da sensi di colpa psicologicamente ingestibili, che la strategia sionista non è conseguenza della Shoha ma la precede, che il terrorismo sionista contro i palestinesi è datato fine anni 40, che si può essere serenamente e pienamente contro l’antisemitismo senza condividere niente del sionismo (magari leggendo anche Gandhi), che se si applicasse il principio della responsabilizzazione dei popoli e la loro punibilità per gli estremismi di una loro parte, i tedeschi dopo la guerra avrebbero meritato di essere sterminati al 70% visto che avevano condiviso Hitler al 90% e non avendogli potuto opporre nessuna resistenza. Magari anche una riflessione su chi è vittima e carnefice non farebbe male, ma su questo forse i tedeschi hanno ancora da lavorare, come tutti noi.
Mi sono addentrato in questi meandri viscidi e pericolosi per tutti, perchè alcune notizie mi hanno fatto intravedere che la perdita di lucidità tipica di questi momenti particolari, conduce facilmente fuori strada.
Da TAZ apprendo che gli insegnanti hanno ricevuto una circolare che li invita a denunciare alla polizia eventuali segnali di “sostegno al terrorismo”, dicendo che “sono vietate le azioni o le opinioni che potrebbero essere intese come un “sostegno” agli attacchi contro Israele o come un sostegno ad Hamas e Hezbollah, poiché metterebbero a repentaglio la pace scolastica”.
Ovvie le reazioni dei cittadini e degli insegnanti che il cervello non l’hanno ancora portato all’ammasso, ma il segnale è chiaro e qualche poliziotto l’ha capito tanto bene che in alcune scuole si sono viste divise giracchiare per trovare sospetti sostenitori di Hamas.
Quando si arriva a queste inutili e controproducenti follie (e credo che non abbiamo visto ancora tutto, dopo le assurdità della fiera del libro di Francoforte) si capisce che molta parte del lavoro prezioso fatto in tanti anni non è arrivato molto nel profondo. La dico grossa, e mi perdonino i tedeschi per i quali conservo grandissima stima: non è che abbiamo sostituito con tanta fatica il razzismo antisemita per rimpiazzarlo velocemente con il razzismo antiarabo?
E’ un dubbio atroce, ma….
Franco Di Giangirolamo, ANPI Berlino Brandeburgo