Rieducare alla Democrazia
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art. 1 della Costituzione italiana
Vivere in uno Stato democratico significa che in quel Paese vengono rispettati e garantiti i diritti fondamentali e inviolabili della persona, garantita e promossa l’uguaglianza, garantite e promosse le libertà fondamentali della persona come individuo e come comunità.
Democrazia, intesa come partecipazione consapevole e attiva dei cittadini alla loro vita comunitaria (politica, amministrativa, sociale), fermi restando i binari portanti su cui si fonda la Costituzione repubblicana, costituisce una condizione della vita pubblica, seppur mai perfetta, sensibile alle crisi e alterazioni socioeconomiche, del sistema produttivo, dello stato di benessere o meno dei suoi ceti operosi, da eventi sanitari imprevedibili (vedi pandemia), dagli assetti e dai mutamenti geopolitici, dai fenomeni migratori.
La società italiana postbellica si è misurata con un continuo altalenarsi della sua condizione democratica.
Per cenni: Costituente; Repubblica; suffragio universale; ricostruzione; la guerra fredda e l’esclusione delle sinistre dal governo; l’anomalia democristiana; la legge truffa; i morti sulle piazze (Modena, Reggio Emilia); divario nord-sud (questione meridionale); il boom economico e la stagione sindacale (contrattazione collettiva, consigli di fabbrica, fine delle gabbie salariali, Statuto dei lavoratori); il Sessantotto; nascita dell’ordinamento regionale; la nuova crisi economica e il “compromesso storico”; gli anni di piombo, lo stragismo nero, le BR e il rapimento Moro; il craxismo e il sistema tangentizio; mani pulite; la caduta del sistema partitico della prima repubblica; l’antipolitica e l’avvento del berlusconismo; presa dei populismi e proliferazione dei partiti personali; disaggregazione cronica delle componenti politiche progressiste.
La globalizzazione dell’economia e l’avvento della finanza internazionale sul sistema produttivo e distributivo ha prodotto da un lato un indebolimento delle capacità contrattuali del lavoro dipendente (classe operaia) con un aumento della precarietà e dell’insicurezza sul lavoro e un indebolimento delle tutele sindacali (abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori); dall’altro, in particolare con la diffusione dei mega centri commerciali si assiste all’impoverimento, se non alla scomparsa, di un vasto tessuto di ceto intermedio produttivo e del terziario.
L’attuale crisi della democrazia è legata ad una crisi di rappresentanza politica e sociale e una crisi di identità in seno al tessuto operoso della società. Crisi che si accompagna alla scomparsa di sedi di partecipazione fisica e luoghi di incontro (sezione, assemblea, ascolto, discussione, votazione, piazza…).
A questo si aggiunge l’incombere sulla scena della stagione pandemica del Covid, che aggiunge claustrofobia sociale, impoverimento economico, alimenta una rottura del senso di comunità, accresce uno stato di spersonalizzazione e di impotenza, fa prevalere egoismi corporativi, dà collante politico ai nemici storici della democrazia: i populismi, particolarmente praticati da una destra eversiva che ha trovato nel Trumpismo un suo riferimento globalizzante (sovranismo, suprematismo).
I nuovi populismi: alimentare una sorta di orgoglio identitario, sovranista e razzista, “Prima gli italiani”, “porti chiusi”… Va indicato un nemico esterno ed interno, che ti sfrutta e ti opprime: migranti, zingari, Unione Europea, Euro, pubblico impiego, ONG, buonisti, ecc.
Viene coniata una identità fideistica: “patrioti”. Alle difficoltà del percorso democratico istituzionale viene contrapposta la soluzione dell’”uomo forte” con pieni poteri che rappresenti la rabbia del popolo, il grande leader, l’uomo della provvidenza.
Come non leggere in tutto ciò i germi di un nuovo fascismo?
Una via senza ritorno? Tutt’altro! Una nuova resistenza pacifica e democratica è possibile!
Oltre oceano è caduto Trump, uno dei caposaldi del suprematismo internazionale, e, ritornando a casa, scopriamo che c’è nella società, un’anima resiliente all’assalto dei populismi.
Non molti mesi fa quattro ragazzi bolognesi, nel pieno dell’aggressione della destra sovranista all’Emilia Romagna, alla sua storia, e ai suoi valori fondati sull’antifascismo, sul dialogo sociale, sull’accoglienza, sul buon governo, hanno intuito un energia sociale sopita, bloccata nei meandri del mondo virtuale del web, male rappresentata politicamente, un “comune sentire” (come si sarebbe detto in altri tempi), con un appello a ritrovarsi nel mondo fisico, in piazza! In piazza, contro la destra più insidiosa nella storia della repubblica! Lo hanno fatto sulle note di un grappolo di valori che fanno l’acronimo di SARDINA: Solidarietà, Accoglienza, Rispetto; Diritti, Inclusione, Non violenza, Antifascismo. Non si sono posti come alternativa alla politica ma hanno chiesto alla politica di esserci! Migliaia di persone, giovani e non, con il loro quotidiano, normalissimo vestire, che hanno popolato le piazze, riscoprendo la gioia di trovarsi assieme, fuori dalla clausura dei social e dei talk show, a provare la felicità dell’incontro, del cantare in collettivo “Bella ciao”, di ritrovarsi in tanti contro l’odio, la xenofobia, la paura del prossimo profusa dalla destra. Un potenziale civile, morale e etico sopito nella società che compete alla politica, quella progressista, di interpretare e rappresentare!
Ivan Minguzzi