Many abolitionists wanted to free the slaves but didn’t want black people living nearby* (Chimamanda Ngozi Adichie, Americanah)
* Molti abolizionisti volevano liberare gli schiavi ma non volevano che i neri vivessero accanto a loro.
La resistenza al dominio autoritario e allo sfruttamento, lo sappiamo, può prendere varie forme. Una di queste consiste nell’azione intrapresa dalle vittime, con iniziativa individuale o organizzata, per sottrarsi al giogo che le trattiene nella soggezione, perseguendo così un obiettivo di liberazione personale e allo stesso tempo indebolendo il sistema che pratica l’oppressione.
L’Underground Railroad (la ferrovia sotterranea) era una rete clandestina informale, operante negli Stati Uniti dalla fine del 18° secolo fino al termine della guerra civile, nata per facilitare la fuga degli schiavi afroamericani dagli stati del sud verso il nord, alla ricerca di una difficile e sofferta libertà.
Il fenomeno, non troppo noto al pubblico non specialista, è stato a lungo trattato come un capitolo marginale della storia dell’abolizionismo, ancorché alcuni protagonisti, ad esempio Harriet Tubman, fossero molto conosciuti. Negli ultimi anni, per merito dei romanzi di Colson Whitehead e Ta-Nehisi Coates, e di una serie tv di successo, questo importante fenomeno nella storia della resistenza allo schiavismo negli Stati Uniti ha cominciato a essere meglio conosciuto e apprezzato nel suo giusto rilievo, cioè come espressione del protagonismo dei neri americani nella lotta per l’emancipazione.
Giovedì 28 ottobre 2021, l’ANPI di Francoforte ha organizzato un incontro online per approfondire storia e significato dell’Underground Network. I relatori invitati ce ne parleranno, inquadrando il periodo storico, le caratteristiche principali del fenomeno, le sue conseguenze sul movimento di liberazione degli schiavi e sulla lunga lotta per i diritti civili, anche soffermandosi sulle recenti opere letterarie che ne hanno riproposto l’epopea.
Sono intervenuti:
Bruno Cartosio già docente di Storia dell’America del Nord all’Università di Bergamo, è autore di numerose pubblicazioni sulla storia sociale e culturale degli Stati Uniti, fra cui ultimo in ordine di tempo il volume Dollari e no. Gli Stati Uniti dopo la fine del secolo americano (DeriveApprodi, 2020).
Norman Gobetti traduttore di narrativa di lingua inglese e docente di traduzione presso l’Università di Pisa. Per Einaudi ha tradotto Il danzatore dell’acqua (2020) di Ta-Nehisi Coates, e molti altri autori, fra cui Philip Roth, Mohsin Hamid, Aravind Adiga, Martin Amis, e Ralph Ellison.
Bibliografia
Riportiamo di seguito le indicazioni bibliografiche ricevute dai relatori:
In italiano:
James Baldwin, La prossima volta il fuoco, trad. Attilio Veraldi, Fandango, 2020
Ta-Nehisi Coates, Una lotta meravigliosa. Memoir, trad. Chiara Stangalino, Codice, 2018
Ta-Nehisi Coates, Tra me e il mondo, trad. Chiara Stangalino, Codice, 2015
Ta-Nehisi Coates, Otto anni al potere. Una tragedia americana, trad. Giulio D’Antonio, Bompiani, 2018
Ta-Nehisi Coates, Il danzatore dell’acqua, trad. Norman Gobetti, Einaudi, 2020
Frederick Douglass, Memorie di uno schiavo fuggiasco, manifestolibri, 2011
Mohsin Hamid, Exit West, trad. Norman Gobetti, Einaudi, 2017
Harriet A. Jacobs, Vita di una ragazza schiava, Donzelli, 2004
George P. Rawick, Lo schiavo americano dal tramonto all’alba, Feltrinelli 1973 (in ripubblicazione presso DeriveApprodi a gennaio 2022)
Colson Whitehead, La ferrovia sotterranea, trad. Martina Testa, SUR, 2017
In inglese:
Larry Gara, Liberty Line: The Legend of the Underground Railroad, University Press of Kentucky, 1996;
William Still, The Underground Railroad: A Record, Porter & Coates, 1872 (disponibile online al sito: