Intervista di Agostino Botti a Hans Walter Goll
“Fare del male a Hitler, laddove si poteva”, diceva Werner Goll per motivare la diserzione dalla Wehrmacht e l’ingresso nella Resistenza italiana.
Di questo ne parliamo con Hans Walter Goll, figlio del pastore Goll e lui stesso pastore evangelico in Svizzera. Hans Walter Goll si è dedicato negli ultimi tempi, con libri e con interventi pubblici, alla spiegazione del percorso umano e religioso che ha portato suo padre dall’opposizione “ecclesiale” all’ingresso diretto nella Resistenza italiana, come da attestazione della Sezione ANPI di Voltri, rilasciata il 9 agosto 1946.
Hans Walter Goll terrà una conferenza sulla figura di suo padre, il 28 Aprile 2023 a Francoforte in occasione degli incontri promossi da ANPI Francoforte.
Bibliografia: H.W. Goll, Kirchenkampf in Metzels bei Meiningen und anderswo (1933-1939), Editionshwg Jenins GR 2012.
H.W. Goll, Krefeld Theresienstadt Voltri – Die deportierte Krefelder Jüdin August Hertz und Werner Goll, Pfarrer und Widerständler, Editionshwg, Domat/Ems 2018
Frank Bridel, Voltri 1945 – Tedesco, disertore, partigiano, opuscolo non in commercio tratto da Frank Briedel, L’irréductible pasteur Goll, combattant de la foi sous la terreur nazie, éditions Ampelos, Paris 2014.
Parroco Goll, per assurdo, suo padre Werner Goll, resistente al regime nazista, è più noto in Italia che in Germania. In numerosi saggi storici italiani il nome di suo padre è citato quale esempio di soldato tedesco che rifiuta di combattere per una causa moralmente sbagliata e decide di passare dalla parte dei combattenti per la libertà.
Prima di arrivare a questo momento della vita di Werner Goll, le chiederei di spiegarci come la fede religiosa e la preparazione teologica di suo padre lo hanno portato a rifiutare l’ideologia nazional-socialista.
Quanto ha influito sulle sue scelte la frequentazione all’Università di Bonn dei corsi del Teologo svizzero Karl Barth, ispiratore della Chiesa Confessante?
Mio padre aveva radici familiari paneuropee. Aveva origini ugonotte (rifugiati francesi religiosi) e anche origini olandesi di cui era orgoglioso. Il nazionalismo era estraneo alla sua famiglia, che ha le sue origini nella Renania. Una sua zia di Krefeld era sposata con un ebreo. Mio padre ha sperimentato le leggi razziali in famiglia.
Karl Barth, un teologo riformato svizzero (paese che pratica la democrazia diretta), di cui seguì le lezioni nel 1933, mise in guardia, sia l’università che la chiesa, contro l’influenza dei nazionalsocialisti nella chiesa. Barth, che fu espulso dalla Germania nel 1935, fu aperto alla opposizione al regime e ne fu animatore (anche più tardi in Francia), a differenza di molti altri teologi evangelici tedeschi che furono obbedienti alle autorità.
Durante gli orrori della prima guerra mondiale, mio padre (il cui padre era in guerra) ha imparato da e con sua madre a pregare fin da bambino.
Dopo lo studio teologico a Bonn, Werner Goll ha frequentato il Predigerseminar in Turingia per avere un incarico in una parrocchia. Nel frattempo era avvenuta la presa del potere da parte di Hitler. Nel suo disegno totalitario anche la Chiesa evangelica doveva far parte del regime (i rapporti con la chiesa cattolica erano più complicati, ma non è questa la sede per discuterne). Per tradizione storica la chiesa evangelica o luterana era legata al potere temporale dei Fürsten (cuius regio, eius religio). Dopo l’avvento della Repubblica di Weimar la chiesa evangelica tedesca non si trovò preparata ad affrontare il nuovo potere, non avendo una gerarchia unitaria. Fu facile quindi per i nazional-socialisti trovare alleati nel clero protestante, appoggiando i cosiddetti Deutsche Christen ai quali si oppose veementemente la Chiesa Confessante (Bekennende Kirche).
Suo padre, come lei racconta nel suo libro “Kirchenkampf in Metzels bei Meiningen” aderì alla Chiesa Confessante anziché ai Deutsche Christen. Questo lo rese sospetto nei confronti della Gestapo e del governo nazista. Quali difficoltà ebbe nello svolgere la sua attività pastorale nella Parrocchia di Metzel?
A un certo punto mio padre ebbe sotto gli occhi la sorte del suo predecessore, espulso dalla Turingia dalla Gestapo all’inizio del 1937 e sotto minaccia di punizione dopo molte vessazioni. I servizi e le prediche erano soggetti a “supervisione”. Un suo collega oppositore è stato rinchiuso in campo di concentramento per due settimane. Come al suo predecessore, a mio padre non era permesso di celebrare nella chiesa evangelica. Ci si doveva radunare in un fienile. Non avevano nemmeno il permesso di presenziare ai funerali nel cimitero. Ai fedeli della Chiesa Confessante di Metzels (l’80% degli abitanti della città) era stato vietato di riunirsi. Il pastore Goll aveva il divieto di occuparsi dei giovani. Alla fine del 1935 gli fu vietato di esercitare il ministero nella Chiesa evangelica della Turingia come era accaduto al pastore dimesso Wolf, il suo predecessore a Metzels.
Allo scoppio della Guerra nel 1939, suo padre si arruolò nella Wehrmacht, perché nel Terzo Reich il clero protestante non era esentato dal servizio militare. Tanti altri pastori della Chiesa Confessante si arruolarono volontariamente per sfuggire alla persecuzione della Gestapo come ho anche letto nel libro di Dietrich Bonhoeffer “Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere”. Cito dalla edizione italiana (pag. 128):
“le centinaia di arruolamenti volontari di giovani pastori confessanti […] che vedono [il servizio militare] come una liberazione interiore dal peso del sospetto politico gravante sulla Chiesa Confessante […] e per mettere alla prova la propria disponibilità a sacrificare la vita come soldato.”
È questa la motivazione che ha spinto suo padre all’arruolamento nella Wehrmacht?
È vero che mio padre si sentiva “al sicuro” nella Wehrmacht, in particolare nei confronti della Gestapo e delle SS, che non avevano controllo sulla Wehrmacht. Ma mio padre ha detto semplicemente che sarebbe stato comunque arruolato. Un’altra opzione sarebbe stata accettare la condanna a morte riservata agli obiettori di coscienza. Non se l’è sentita di andare fino alle estreme conseguenze.
Alla fine della sua vita, tuttavia, si chiedeva ancora se arruolarsi nella Wehrmacht fosse stata la cosa giusta da fare. Soprattutto durante le presentazioni in Francia dei miei libri , mi sono accorto che le persone non capivano come un pastore confessante potesse arruolarsi “volontariamente” nella Wehrmacht…
A lui era completamente estranea l’idea di sacrificarsi per la Germania o addirittura per la Germania nazista. Ha rifiutato nettamente il nazionalismo. Anche nella Chiesa Confessante c’erano alcuni che avevano un atteggiamento nazionalista, ad esempio nei confronti dei francesi, che vedevano come “nemici ereditari” (Versailles…).
Solo pochi [tedeschi] erano francofoni come mio padre, come ad esempio il pastore Werner Koch, il “pastore addetto alla comunicazione” della Chiesa Confessante, che è stato in seguito rinchiuso per quasi due anni nel campo di concentramento di Sachsenhausen.
Sembra assurdo dirlo, ma mio padre si oppose fermamente alla guerra. A proposito di sicurezza: alcuni pastori (come anche alcuni comunisti) sono stati per un certo periodo nelle SA, per evitare di manifestare esteriormente la propria opposizione o semplicemente per ragioni economiche. All’inizio del 1937 mio padre lasciò ufficialmente le SA, senza conseguenze apparenti.
Per quanto riguarda la sua citazione dal libro di Bonhoeffer, essa è tratta da una bozza di lettera in preparazione degli interrogatori a cui Bonhoeffer era sottoposto in carcere. Bonhoeffer vuole dimostrare la sua “innocenza” alle autorità statali. Quindi quello che dice dei pastori confessanti e che suona come “fedeltà al regime”, non corrisponde alla sua vera opinione (che era critica), e che è espressa più probabilmente nelle sue “Finkenwalder Rundbriefe”. Quindi il passaggio citato non può essere preso come prova che molti pastori confessanti fossero contenti di andare in guerra.
Come soldato in Francia suo padre strinse amicizia con il prete cattolico Noël Carlotti, appartenente al Maqui (la resistenza francese). Quanto influsso ha avuto questa conoscenza nelle successive scelte antinaziste di Werner Goll?
La diserzione e il suo passaggio successivo ai partigiani furono certamente preparati in questo periodo.
I due ascoltavano insieme Radio Londra, cosa che sarebbe costata cara a entrambi, se fossero stati traditi.
Trasferito sul fronte italiano in Liguria, a Voltri vicino a Genova, Werner Goll si trovò a contatto con la difficile situazione della popolazione civile italiana, oppressa dal potere delle truppe di occupazione tedesche. Anche qui la conoscenza fatta con il prete cattolico Agostino Ferro e con i partigiani da lui aiutati, rafforzò in suo padre l’avversione al regime nazista. A Voltri suo padre decise di disertare assieme a un suo commilitone seminarista cattolico [Franz Wullengerd]. Dopo attento esame politico, i due soldati tedeschi entrarono a far parte della “Brigata Partigiana Piva”.
Come parlava suo padre di questa decisione? Ne parlava in famiglia?
Mio padre ne ha parlato solo con i suoi parenti più stretti. Lui mi aveva consegnato la sua documentazione, che avrei potuto pubblicare solo dopo la sua morte. Con grande emozione raccontava del terrore e della miseria che la Wehrmacht ha portato nei territori occupati. Del comportamento bestiale dei nazisti n Russia. Con le lacrime, mio padre mi raccontò della morte del vicecomandante della Brigata Piva, Antonio Ratto, al quale era molto legato. Questo racconto ha fatto una grande impressione su di me. È stato per me il motivo per scriverne la storia. Anche le sofferenze della popolazione civile in Italia gli hanno fatto male al cuore. Ne scriveva nelle lettere inviate dal fronte. In conclusione, lui voleva “solo fare del male a Hitler, laddove si poteva”.
E come affrontò in seguito la “damnatio memoriae”, che nella Germania del dopoguerra ha colpito i soldati della Wehrmacht, che per motivi morali e politici hanno disertato e in molti casi sono passati sul fronte della resistenza attiva?
Isolato. Fondamentalmente solo. Ci sono stati “partigiani della Wehrmacht” che non misero mai più piede in Germania. Purtroppo mio padre non ha trovato il tempo – o non se l’è preso – per tornare in Francia e nemmeno a Voltri. Con don Agostino Ferro (che neppure lui nel dopoguerra fece una “gran carriera” nella Chiesa…), ebbe ancora per qualche tempo una corrispondenza molto cordiale. Peccato, se lo sarebbe “meritato”. A Voltri, per esempio, il suo comportamento sarebbe stato oggetto di grandi onoranze. Ma non voleva nemmeno essere al centro dell’attenzione. Non ne era il tipo. Nel dopoguerra neanche nella Chiesa Confessante ci furono grandi ripercussioni. Dopo il 1945 solo in “casi estremi” ci furono allontanamenti dal servizio. La chiesa ha fatto una encomiabile ammissione di colpa, ma nel complesso ha guardato avanti, anche a causa delle necessità del dopoguerra. Mio padre diceva che la resistenza al regime non era abbastanza apprezzata in Germania. Purtroppo non ha potuto godere della piena riabilitazione concessa ai “disertori” nel 2009. Morì ancora come “traditore di guerra” nel 2003. Nel 2012, alla presentazione del mio primo libro su mio padre, nella sua ex parrocchia di Saarbrücken, raccontai la vicenda di mio padre. “Non lo avremmo creduto capace di tanto”, fu la reazione stupita di allora. Dopotutto, i disertori sono stati riabilitati solo nel 2002. Nel dopoguerra mantenne un contatto cordiale e “silenzioso” con Franz Wullengerd, che disertò insieme a lui a Voltri (divenne poi sacerdote cattolico nella regione della Ruhr). L’ho verificato io stesso: non poteva o non voleva parlare della sua Resistenza con nessun collega evangelico.