Quel capobanda di Mussolini

di Agostino Botti

Altroché “Il buonuomo Mussolini“ come scrisse Indro Montanelli in un libretto del 1947 e come purtroppo sono ancora in troppi a pensarla in questo modo!
Il “più grande statista del secolo” (copyright Gianfranco Fini) fu un delinquente, per dirla senza giri di parole. Mussolini fu il capo di una banda di eversori, picchiatori, incendiari e assassini, sia prima che dopo essere stato designato a capo del governo da un pavido re.
È uscito da poco il volume di Aldo Cazzullo (Mussolini il capobanda – Perché dovremmo vergognarci del fascismo – Mondadori 2022, pagg. 350. € 19,00) che descrive apertamente e senza peli sulla lingua tutti i misfatti commessi dal duce stesso e dai suoi accoliti, sotto la sua indiscussa guida, incitamento e autorizzazione. “La violenza non è immorale” dice Mussolini e i suoi scherani si sentono autorizzati ad infierire su tutti quelli che non la pensano come loro.


Da decenni si è formata un’opinione benevola degli italiani sul fascismo, in questo aiutata dalla sterminata pubblicazione di “mussolinerie”, basate su verità parziali o pseudo-verità totalmente inventate come i falsi diari (Dell’Utri docet) o il finto testamento alla base del già citato volumetto di Montanelli. In questo modo è stato possibile scagionare Mussolini dalle sue colpe più gravi e mantenere la memoria solo dei fatti positivi: “i treni in orario”, “le bonifiche”, “lo scampato pericolo bolscevico” ecc. Così passano in secondo piano e svaniscono nella nebbia la dittatura e la perdita delle libertà, le guerre di aggressione, le leggi razziali, l’alleanza con Hitler che ha portato l’Italia al disastro totale.
Scagionando Mussolini dalle sue colpe più gravi, gli italiani si sentono sollevati da ogni responsabilità: noi siamo tutti brava gente, sono gli altri (leggi i nazisti) i colpevoli dei misfatti.
Sono queste le condizioni che consentono oggi a un collezionista di busti del duce e di cimeli fascisti di diventare in Italia Presidente del Senato e seconda carica dello stato.
Fa bene quindi Cazzullo a riportare nella giusta dimensione le violenze fasciste prima e dopo la presa del potere.
Nella memoria collettiva e nella vulgata politica è rimasto impresso che le azioni degli squadristi fossero una risposta al pericolo di rivoluzione bolscevica durante il cosiddetto Biennio rosso. Il che non è del tutto vero se non addirittura falso, perché il Biennio rosso si concluse nel 1920, mentre le violenze fasciste aumentarono a dismisura dopo tale data e non cessarono con la marcia su Roma. Violenza chiama violenza, gli assalti alle Case del popolo, alle sezioni e alle tipografie socialiste, alle sedi delle Leghe bianche, le bastonature e gli omicidi durarono anni. Se gli aggrediti reagivano anch’essi con la violenza, la rappresaglia era ancora maggiore. Da qualche parte ho letto che il rapporto tra le vittime antifasciste e i “martiri fascisti” è di dieci a uno.
Tutta questa violenza avveniva con la complicità delle autorità costituite che si giravano dall’altra parte per non vedere o addirittura aiutavano le squadracce con la fornitura di armi e mezzi.
Come ricorda Cazzullo, Mussolini poteva contare su un vero e proprio esercito privato, armato anche di mitragliatrici e addirittura in possesso di qualche cannone.
Dopo avere preso il potere, Mussolini non fermò la violenza delle squadracce. Episodi tragici avvennero all’indomani della marcia su Roma. Un intero capitolo del libro di Cazzullo si intitola “La vendetta fascista”.
Scrive Cazzullo: “Alla Camera il Duce ha mentito. Non è vero che abbia evitato di stravincere. Anzi. Divenuti signori d’Italia, i fascisti non vedono l’ora di dimostrarlo. Nell’unico modo che conoscono: la forza, la violenza, il sangue. E questo accade fin dal primo giorno del regime.”
Il 31 ottobre 1922 gli squadristi fanno una spedizione punitiva nel quartiere “ribelle” di San Lorenzo a Roma: “Arrivano all’alba, stanano i ‘rossi’ uno per uno, entrano nelle loro case, li gettano giù dalle finestre. Decine di uomini resteranno paralizzati e storpiati.”
A Milano i fascisti distruggono per la terza volta la redazione e la tipografia dell’Avanti.
Il 18 dicembre 1922 avviene un fatto orrendo a Torino (e non è l’unico raccontato da Cazzullo). Dopo aver incendiato la Camera del Lavoro di Corso Siccardi, i fascisti picchiano a sangue il dirigente sindacale Pietro Ferrero, “poi a mezzanotte lo riportano in strada, con una corda lo legano per una gamba al loro camion, e lo trascinano per le vie della città. […] C’è da sperare che fosse già morto quando – secondo le testimonianze – gli squadristi gli cavarono gli occhi e gli strapparono i testicoli. Scene da linciaggio del Ku Klux Klan, che purtroppo si ripeteranno più di vent’anni dopo, al tempo della Repubblica di Salò”.
In fondo, si dice, la dittatura fascista è stata all’acqua di rose. “Mussolini non ha mai ammazzato nessuno.” È vero, non lo ha mai fatto personalmente. D’altronde neanche Hitler ha mai torto (personalmente) un capello a un solo ebreo, però è considerato in tutto il mondo un criminale.
Cazzullo ci ricorda che Mussolini, non soltanto è l’ispiratore di violenza politica, ma anche privata: ha lasciato morire in manicomio la sua ex-amante Ida Dalser e il proprio figlio Benitino, dove erano stati ricoverati senza essere pazzi, ma perché aveva ordinato “toglietemeli di torno”, quando la Dalser, dopo aver finanziato con tutti i suoi averi il Popolo d’Italia ed essere caduta in miseria, chiedeva un riconoscimento da parte dell’ex-amante.
Mussolini ha annullato l’intera opposizione facendo bastonare e uccidere uomini del calibro intellettuale di Giacomo Matteotti, Giovanni Amendola, Carlo e Nello Rosselli, Piero Gobetti. Altri avversari politici vennero imprigionati o allontanati a forza dalla politica: Antonio Gramsci morì malato dopo anni di prigione. Anche chi in un primo momento credette di poter convivere con il fascismo per ricondurlo alla legalità si dovette ricredere. Don Luigi Sturzo decise di emigrare dopo aver subito una bastonatura. Alcide De Gasperi fu imprigionato e dovette poi esiliarsi in Vaticano come bibliotecario. “I parlamentari del partito popolare […] vengono accolti a schiaffi. Saccheggiate le case di Benedetto Croce, di Arturo Labriola, di Emilio Lusso. Confiscati i beni degli antifascisti esuli all’estero. Arrestati i capi del partito comunista: Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Giuseppe Di Vittorio, e poi Scuccimarro, Grieco, Roveda…”
Ogni tanto Cazzullo nel suo libro si scusa con i lettori per i lunghi elenchi di oppositori arrestati, obbligati a bere l’olio di ricino, manganellati e costretti all’esilio o inviati al confino, che non era una vacanza come invece ha affermato nel 2003 Berlusconi, lo sdoganatore dei neo-fascisti: “Mussolini non ha mai ammazzato nessuno. Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino”.
Bisognerebbe raccontarlo a Don Giovanni Manzoni e alle migliaia di vittime note e meno note della violenza fascista.
D’altronde lo stesso Mussolini, dopo il delitto Matteotti, affermava il 3 gennaio 1925 alla Camera dei deputati: “[…] assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. […] Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere, se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico, morale, a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento fino ad oggi.”
Mussolini ha portato l’Italia alla catastrofe, dopo essersi gloriato di avere rinnovellato l’Impero di Roma, grazie alle stragi commesse in suo nome in Etiopia con largo uso di gas asfissianti, con la fucilazione di massa di migliaia di monaci copti (cioè cristiani come gli stessi fascisti si consideravano); con i 40.000 morti civili in Libia, con i bombardamenti indiscriminati sulle città spagnole durante la guerra civile.
Cos’era il duce se non un criminale, quando “pugnalava alle spalle” la Francia nel 1940 (“Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative”). Quando aggrediva la Grecia il 28 ottobre 1940 senza alcun motivo, ma ancora peggio mandando a morire senza alcuna preparazione militare i soldati italiani sull’Epiro. E non è un criminale Mussolini quando dichiara guerra alla Gran Bretagna, all’Unione Sovietica e poi agli Stati Uniti, senza nemmeno avere le risorse militari adeguate (vi ricordate “gli otto milioni di baionette?), ma confidando unicamente nella vittoria tedesca? Chi ha sulla coscienza le centinaia di migliaia di soldati italiani immolati sull’altare del suo ego?
Come scrive Cazzullo “la maggioranza degli italiani si è fatta un’idea sbagliata, edulcorata, consolatoria [di Mussolini]. Un’assoluzione che è anche un’auto-assoluzione”.
A posteriori (cioè dopo il risultato delle ultime elezioni) suona tragico il giudizio pessimista di Aldo Cazzullo: “Di sicuro, i primi due partiti della destra sono guidati da due giovani leader, Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Meloni e Salvini non sono fascisti. Sono anti-antifascisti. Non festeggiano il 25 aprile, lo considerano una festa di parte, di sinistra. […] Noi antifascisti abbiamo fallito. Abbiamo perso. L’antifascismo oggi in Italia è un sentimento di una minoranza. Ampia, ma pur sempre una minoranza.”

Magonza, novembre 2022

I commenti sono chiusi.