Il 3 dicembre ci saranno le elezioni dei Com.It.Es, gli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero. Votare i nostri rappresentanti nei Com.It.Es è l’opportunità per dimostrare che ci siamo, che il nostro contributo continua ad essere di grande importanza per i destini d’Italia.
Quando è stata istituita e ancorata alla Costituzione la circoscrizione estera, si è tenuto conto non solo dell’imponente fenomeno dell’emigrazione italiana dalla fine dell’800 a oggi, per cui abbiamo più oriundi italiani nel mondo che italiani residenti in Italia. Questi emigrati hanno gettato le basi di un’esportazione gastronomica ed enologica italiana che non ha pari ed hanno dato un forte apporto economico al loro paese d’origine con imponenti rimesse. Oggi gli emigrati degli ultimi decenni continuano a dare importanti contributi curando l’export, gli scambi culturali e sociali tra i paesi in cui risiedono e l’Italia, mediante i Com.It.Es, il CGIE ed i rappresentanti da loro eletti. I circa sei milioni di italiani oggi residenti all’estero sono cittadini italiani a tutti gli effetti e danno un apporto insostituibile alla politica italiana, perché il loro sguardo è molto più ampio di quello di chi non conosce per sua esperienza altri sistemi costituzionali e legislativi, nonché diverse applicazioni dei diritti del cittadino/a. Ne è un esempio il diritto di cittadinanza dei figli degli immigrati stabilmente residenti in Italia, che, a differenza del diritto prevalente nelle democrazie, non viene conferito per nascita, ma si deve richiedere dopo il raggiungimento della maggiore età mediante un iter burocratico lungo e gravoso. Anche la non compiuta parità delle donne italiane potrebbe trarre vantaggio dalle esperienze di nazioni, in cui si incentivano misure che coinvolgano gli uomini nel lavoro di cura, che invece la Costituzione del 1948 attribuisce solo alle donne.
Restando sul tema “donne” constatiamo anche che nella crescita della presenza degli italiani all’estero negli ultimi quindici anni, la differenza di genere è andata diminuendo sempre più e le donne sono passate dal 46,2% nel 2006 al 48,0% 2020. La significativa presenza delle donne italiane all’estero è dovuta in parte alle maggiori possibilità di lavoro in altri paesi, ma anche alle migliori condizioni che, in presenza di un’offerta di servizi pubblici e privati, consentono una migliore conciliazione tra lavoro e famiglia rispetto all’Italia.
I dati più recenti sui movimenti migratori degli italiani confermano che l’Italia sta continuando ad esportare le sue forze più giovani e vitali, capacità e competenze che vengono messe a disposizione di paesi altri che non solo li valorizzano appena li intercettano, ma ne usufruiscono negli anni migliori, quando cioè creatività e voglia di emergere sono ai livelli più alti per freschezza, genuinità e spirito di competizione.
Questa presenza italiana rappresenta un bacino ricco di altre esperienze a cui l’Italia potrebbe attingere. Quale ruolo – e con quante difficoltà – potrebbe avere in futuro se relegata – di nuovo – nei ristretti ambiti politici, come sono le istituzioni regionali e comunali e non invece riconosciuta e promossa come cittadinanza attiva a livello nazionale, quindi con un proprio diritto di rappresentanza?
Per questo è essenziale che gli italiani all’estero, che conservano la cittadinanza italiana e continuano a promuovere il progresso del proprio paese – e magari vorrebbero ritornarci – abbiano il pieno riconoscimento della loro cittadinanza nella sua specificità: quindi possibilità di organizzazione negli appositi organismi all’estero, i Comites, garanzia di ascolto e dibattito attraverso il CGIE e i loro rappresentanti eletti, che sono i portatori di queste esperienze. È assolutamente necessario che la prospettiva critica nei confronti dell’Italia e dei paesi di residenza trovi rispondenza e ascolto e si prendano le distanze dall’attuale provincialismo e populismo di chi non guarda oltre le frontiere.
Invece da alcuni anni si cerca di risparmiare sugli italiani all’estero, è stato ridotto il numero dei deputati e senatori da noi eletti, come anche i contributi del Ministero degli Affari Esteri a favore dei nostri organismi – Com.It.Es. compresi. Alle prime elezioni dei Com.It.Es. tutti gli italiani iscritti all’A.I.R.E. ricevevano automaticamente dai consolati per essi competenti comunicazione e moduli necessari per la votazione. Dalla penultima votazione non è più così e dobbiamo registrarci individualmente presso i servizi consolari: Chi non lo fa, non può votare ed è chiaro che il numero dei votanti diminuisce sensibilmente. Tutti coloro che non hanno dimestichezza con Internet e la rete mediatica – tra gli appartenenti alle prime generazioni di emigrati la maggioranza – non vengono nemmeno a conoscenza di questo regolamento. Questi ulteriori ostacoli alla partecipazione politica di tutti i cittadini, rendendola più difficile ai meno informati tra di loro, sono contrari ad ogni principio democratico, e questa è l’obiezione più grave.
Dato che non possiamo pensare che chi ha introdotto questo regolamento non abbia messo in conto il calo di votanti che ne risulta, dobbiamo ritenere che questo calo sia intenzionato. Ci chiediamo a quale scopo. Certamente una conseguenza sarà il risparmio di spese postali per i consolati, ma ci azzardiamo a ritenere che il fine più probabile sia di mostrare uno scarso interesse degli italiani all’estero per i loro organismi rappresentativi, la cui conseguenza potrebbe essere un ulteriore smantellamento degli stessi. Ci sbagliamo?
Liana Novelli
Possono votare per il rinnovo dei Com.It.Es tutti i cittadini iscritti all’AIRE da almeno 6 mesi. Per poter votare è necessario registrarsi presso i Consolati di riferimento entro il 3 novembre 2021. Per le modalità rimandiamo alla procedura di registrazione pubblicata sul sito del Consolato di Francoforte.