Gli archivi degli Istituti storici della Resistenza

a cura di Paola Carucci*

1. Creazione degli archivi della Resistenza

Il complesso degli archivi conservati presso l’Istituto nazionale Ferruccio Parri e negli altri Istituti della rete costituisce un patrimonio fondamentale per la storia della Resistenza, e si è arricchito ormai con consistenti fonti rilevanti più in generale per la storia contemporanea e con alcuni nuclei di documentazione più antica. L’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (Insmli, ora Istituto nazionale Parri), fondato nel 1949, e formalmente istituito due anni dopo, per iniziativa di Ferruccio Parri e degli Istituti regionali del Piemonte, il primo a costituirsi, della Liguria e della Lombardia, di cui Parri era presidente, ha tra le sue finalità quella di recuperare e salvaguardare il patrimonio documentario della Resistenza, non già sulla Resistenza, in quanto evidentemente fonti su quella esperienza e del contesto in cui si verificò si rinvengono in tanti altri archivi conservati nelle rispettive sedi istituzionali, si pensi ad esempio agli archivi di ministeri, prefetture e questure confluiti negli Archivi di Stato o alle carte comunali conservate presso i rispettivi archivi storici o alle carte conservate dagli archivi storici degli Stati maggiori di esercito, marina e aeronautica.

Nello stesso anno Parri fonda anche la Federazione nazionale associazioni partigiane (Fiap): questi due enti venivano ad affiancarsi alla precedente Fondazione di solidarietà nazionale (Fsn), sorta nel 1945 per garantire assistenza ai partigiani e alle loro famiglie. Su queste tre istituzioni Parri concentra il suo impegno. Quando il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI) viene a rappresentare il governo centrale nei territori occupati dai tedeschi e la guida della lotta di liberazione1Il CVL infatti, organo militare centrale della Resistenza italiana, era emanazione del CLNAI, cfr. Protocolli di Roma, editi in “MLI”, 1949, 1, p. 25, artt. 2-3., la sua documentazione assunse il valore di documentazione dello Stato, tanto è vero che l’amministrazione degli Archivi di Stato intendeva acquisirla. Le ragioni per cui si riteneva essenziale la creazione di istituti deputati alla raccolta e conservazione delle fonti prodotte dal CLNAI, e da tutti gli altri CLN, e dal Corpo Volontari della Libertà (CVL)2Sulla costituzione del fondo CVL e sulle difficoltà per giungere al deposito presso l’Insmli cfr. A. Torre, L’Archivio storico della Fiap e delle sue carte aggregate: dalla giungla documentaria … Continua a leggere erano dettate da una prudente o dichiarata diffidenza di molti antifascisti nei confronti dello Stato e dalla permanenza in carriera di gran parte della burocrazia del periodo fascista. Ma vi era anche un ulteriore obiettivo sicuramente rilevante come quello di promuovere e favorire al più presto l’accesso ai documenti acquisiti, senza doversi adeguare ai tempi dei versamenti e soprattutto alle regole della consultabilità dell’epoca, peraltro interpretate in maniera piuttosto restrittiva dalla pubblica amministrazione.

L’obiettivo di Parri era infatti quello di procedere all’acquisizione delle fonti, consacrata poi nell’art. 1 dello Statuto dell’Istituto nazionale del 1949 e avviare subito studi e ricerche che potessero diffondere la conoscenza dei fatti e la condivisione dei valori che avevano connotato la Resistenza e che, dalla caduta del suo governo e poi sotto la spinta della guerra fredda, risultavano offuscati nel contesto politico che si andava evolvendo, ma soprattutto per “ricostituire una unità morale prima ancora che politica degli uomini che avevano fatto la Resistenza”3Sulla fondazione dell’Istituto nazionale, vedi, F. Parri, Scritti 1915/1975, a cura di E. Collotti , G. Rochat, G. Solaro Pelazza, P. Speziale, Milano, Feltrinelli, 1976, pp. 32-34..

In connessione al progressivo scioglimento dei CLN, sembrava, verso la metà del 1946 prevalere la preoccupazione di concentrare i documenti dei CLN locali in quelli provinciali e poi in quelli regionali, nella consapevolezza che gli uffici stralcio avrebbero dovuto preoccuparsi, non solo a fini contabili, della conservazione del patrimonio documentario ma perché fondamentale testimonianza storica dell’azione svolta dai CLN. Nel mese di luglio del 1946 a una posizione dei CLN disponibile alla conservazione degli archivi presso l’amministrazione statale, subentra un irrigidimento, determinato forse dalla perentorietà della richiesta della Soprintendenza archivistica della Lombardia di promuovere i versamenti della documentazione presso gli Archivi di Stato, subito estesa nel mese di agosto a tutte le altre soprintendenze. Soprattutto i CLN dell’Italia settentrionale, cui si unisce quello toscano, assumono un atteggiamento in netta prevalenza contrario alle decisioni romane, ormai per una sostanziale diffidenza nei confronti di certa burocrazia. Il CLN piemontese4Vedi in particolare G. De Luna, Tre generazioni di storia. L’Istituto per la storia della Resistenza in Piemonte, in “Italia contemporanea”, 1988, 172, pp. 53- 77.è il più determinato e nel dicembre 1946 un ruolo fondamentale venne assunto da Alessandro Galante Garrone, che afferma l’esigenza e chiede “la costituzione di un Istituto nazionale per la raccolta e la valorizzazione delle memorie storiche della Resistenza”5E. Arioti, Cenni storici: le origini del sistema archivistico degli Istituti della Resistenza, in “Storia e memoria. Rivista semestrale dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza e … Continua a leggere che però doveva operare in forma largamente decentrata. Il progetto suscita delle perplessità, soprattutto per ragioni organizzative e finanziarie, anche nel CLN della Lombardia. Galante Garrone allora, esprimendo nettamente la sfiducia nella storiografia ufficiale, pone l’accento sull’esigenza dell’autonomia della ricerca, proponendo, in luogo della creazione di un istituto nazionale, la rapida costituzione di un’Associazione per la storia della Resistenza in Piemonte, sollecitando gli altri CLN regionali a fare altrettanto.

L’Associazione piemontese si costituisce il 25 aprile 19476Il CLN regionale del Piemonte, fin dal luglio 1945 aveva istituito presso la propria sede un ufficio storico per il reperimento e la raccolta sistematica dei documenti di natura militare e politica … Continua a leggere dando vita a un modello operativo che finirà per imporsi su scala nazionale.

Una mediazione in favore della conservazione degli archivi presso Istituti della Resistenza si ebbe da parte di Emilio Re, Commissario degli archivi dal 1944 e poi dal 1948 Ispettore generale archivistico e membro del Consiglio superiore degli archivi, il quale tra l’altro si era impegnato molto anche per la salvaguardia degli archivi fascisti rimasti a Roma dopo l’8 settembre e poi si impegnerà per il rientro nella capitale degli archivi degli organi centrali dello Stato e degli archivi fascisti che erano stati trasferiti al nord.

Nel 1947 si ebbe a Torino un incontro tra Emilio Re e i rappresentanti dei CLN piemontese, ligure, lombardo, veneto, toscano ed emiliano, a seguito del quale Emilio Re assumerà una posizione che non mette in dubbio la creazione di appositi istituti, mentre concentra l’attenzione sull’esigenza di rispettare le necessarie garanzie per la raccolta e una corretta descrizione delle fonti, ponendo in primo luogo l’esigenza della pubblicazione di un censimento di tutta la documentazione rintracciata. A seguito di tale posizione, nel novembre del 1947 il CLN ligure potrà depositare il suo archivio e quello del disciolto Partito d’Azione presso l’Archivio di Stato di Genova, ma con la garanzia di una convenzione che salvaguardi la proprietà all’Istituto, rimanendo quindi aperta la possibilità di averne la restituzione quando si fossero determinate le condizioni adatte, cosa che si verificherà nel 1999.

La disponibilità di Emilio Re consente di arrivare alla decisione del Consiglio superiore degli archivi, il 1° luglio 1948, in cui si riconosce la pertinenza statale degli archivi dei CLN ma si stabilisce che gli archivi della Resistenza possano essere conservati sia presso gli Archivi di Stato sia presso gli Istituti storici della Resistenza.

Circa la consapevolezza espressa dal Piemonte nella precoce istituzione di un Istituto storico un ruolo importante fu svolto da Matteo Sandretti, archivista dell’Archivio di Stato di Torino e segretario del CLN Piemonte e poi della Giunta regionale di governo. Sulla figura di Sandretti è appena uscito un e-book edito dalla Direzione generale degli archivi che ripropone una mostra fotografica realizzata presso l’Archivio di Stato di Torino e include una serie di saggi sull’attività da lui svolta7Storie di archivi, Storia di uomini. L’Archivio di Stato di Torino tra guerra e Resistenza, a cura di L. Mineo e M.P. Niccoli, e-book edito dal Ministero della cultura-Direzione generale per gli … Continua a leggere.

Guido Quazza, nell’introduzione della Guida agli archivi della Resistenza8Guida agli archivi della Resistenza, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali 1983. del 1983, individua tre elementi strutturali che avevano connotato il progetto originario dell’organizzazione degli Istituti della Resistenza: la forma federativa (“un centro, il Nazionale” e una “costellazione di sedi periferiche, regionali, provinciali e locali, autonome ma associate”) di “classica impronta resistenziale perché ispirata all’autonomismo, al decentramento, all’iniziativa dal basso della guerra partigiana”; l’elettività per un biennio di tutte le cariche; la presenza contemporanea negli organismi di persone che avevano preso parte alla Resistenza e di storici professionisti, perché negli studi non venisse meno l’impegno, ma l’impegno non si trasformasse in interessi di partito. Ne conseguì l’avvio di un’intensa attività di raccolta e descrizione dei documenti della lotta clandestina e poi della fase successiva. L’importanza della concentrazione di queste fonti in istituzioni a ciò deputate si è rivelata fondamentale per la promozione degli studi e delle ricerche sulla lotta di liberazione e per la diffusione della conoscenza di questa documentazione, che influì positivamente sugli sviluppi della storia contemporanea come si evince anche da un importante saggio di Claudio Pavone, La storiografia dell’Italia postunitaria e gli archivi nel secondo dopoguerra, pubblicato nel 1967 sulla “Rassegna degli Archivi di Stato”9“Rassegna degli Archivi di Stato”, XXVII (1967), pp. 355-409., sviluppi sui quali ebbe comunque un impulso decisivo l’inaugurazione dell’Archivio centrale dello Stato che, dal 1° aprile del 1960, avviò una nuova fase per la ricerca, mettendo a disposizione degli storici, subito dopo averle acquisite, le fonti italiane del periodo fascista e della Repubblica sociale che erano state microfilmate in duplice ma non identica copia dagli alleati prima della firma del trattato di pace e rese accessibili a Washington e a Londra, avviando nel contempo una prudente apertura degli archivi della Pubblica sicurezza relativi al fascismo, dapprima fino al 1939, poi fino al 1947. Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta l’Archivio centrale dello Stato acquisì anche tutta la documentazione del Casellario Politico Centrale, fino al 1945, e i fascicoli personali e per materia della Divisione polizia politica del periodo fascista, avviandone con cautela la consultazione nel giro di pochi anni. A una più ampia consultabilità delle fonti per la storia contemporanea influì anche la nuova legge sugli archivi del 1963, il cui testo è stato elaborato da Claudio Pavone. Ma per l’effettivo accesso a tutta la documentazione del periodo fascista confluita presso l’Archivio centrale dello Stato, che ovviamente non era riservata per motivi di politica interna ed estera ma poteva contenere documenti “riservati relativi a situazioni puramente private di persone”, fu particolarmente rilevante il ruolo di Costanzo Casucci, svolto da solo fino al maggio 1966 poi coadiuvato da chi scrive, che praticando con lungimiranza un’attenta opera di “scrematura”, ovvero di sottrazione dai fascicoli dei rari documenti contenenti effettivamente notizie personali riservate, contribuì ad assicurarne la più ampia consultabilità.

2. Estensione dell’ambito cronologico per l’acquisizione delle fonti e per gli obiettivi di ricerca

Lo statuto dell’Istituto nazionale del 1949 stabilisce dunque che suo obiettivo è quello “di assicurare la più completa e ordinata documentazione“ del movimento resistenziale […], di promuovere la conoscenza del patrimonio politico e militare della guerra di liberazione […], la ricerca, raccolta, conservazione e classificazione della documentazione archivistica, giornalistica, libraria”. Nel 1960 Parri, nel corso di un ciclo di lezioni sull’antifascismo, rivendicava tra “i suoi pochissimi meriti […] la costituzione di un Istituto storico della Resistenza con sede a Milano ma con varie deputazioni regionali […] che adempie al compito fondamentale di salvaguardare la documentazione per il domani, di pubblicare documenti e studi. Vari convegni abbiamo fatto, uno anche recente, nei quali i problemi principali della lotta di liberazione, i nodi centrali vengono via via illuminandosi: non si fa ancora la storia, ma la si prepara”10F. Parri, Scritti 1915/1975, cit., p. 548. Sulla storia degli Istituti, vedi anche G. Grassi, L’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e gli Istituti associati, in … Continua a leggere.

Importanti storici entrano a far parte degli istituti, favorendo una pluralità di indirizzi nella ricerca storica sulla Resistenza che porta al delinearsi dell’esigenza di collocarla nel più ampio contesto della storia repubblicana. Nel 1949 inizia la pubblicazione della rivista “Il Movimento di liberazione in Italia. Rassegna di studi e documenti”11Il riferimento ai documenti nel sottotitolo evidenzia la centralità del patrimonio nella vita dell’Ente. La stessa centralità, del resto, emerge sin dal nome “Istituto nazionale per la storia … Continua a leggere, il cui sottotitolo diventerà nel 1964 “Rassegna dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia”. La rivista diventerà nel 1974 “Italia contemporanea”.

Nel 1966 si costituisce una Commissione scientifica12Nel “Notiziario” in “Movimento di Liberazione in Italia”, n. 83, fasc. apr.- giu. 1966 (del 26 giu. 1966), alla, p. 127  fuori numerazione, si informa di un Comitato scientifico nominato … Continua a leggere, di cui fanno parte Franco Catalano, Fausto Fonzi e Guido Quazza, e sempre nel 196613La riunione si tiene il 10 set. 1966, come risulta da “Movimento di Liberazione in Italia”, n. 84, fasc. 3, lug.- set. 1966, p. 127 fuori numerazione. si tiene a Milano la prima importante riunione, aperta ai rappresentanti degli istituti regionali, sui problemi relativi all’organizzazione e all’indirizzo della ricerca scientifica. Pur non essendosi rivelato semplice l’avvio di un coordinamento di obiettivi e progetti di ricerca tra l’Istituto nazionale e gli istituti della rete regionali e locali, questi partecipano attivamente all’iniziativa dell’Istituto nazionale per promuovere un provvedimento legislativo che ne riconosca l’interesse pubblico e di conseguenza favorisca un impulso anche allo sviluppo degli istituti della rete.

Una legge del 1967 riconosce all’Istituto nazionale la natura di ente pubblico che comporterà un significativo incremento delle disponibilità finanziarie, favorendo una diffusa presenza sul territorio dei docenti comandati dal Ministero della pubblica istruzione sia presso l’Istituto nazionale che nella rete degli istituti; all’art. 2 il provvedimento indica tra le finalità anche quella di assicurare la più completa e ordinata documentazione del movimento di liberazione, e lo studio storico e la conoscenza a mezzo di periodici o altre pubblicazioni, convegni e iniziative di studio. L’art. 1 dello Statuto approvato nel 1969 inserisce gli studi dell’antifascismo “nell’ambito di una più generale considerazione della storia del fascismo e dell’Italia contemporanea”.

Nello stesso anno usciva la consistente pubblicazione de L’Italia dei quarantacinque giorni. Studio e documenti,14L’Italia dei quarantacinque giorni. Studi e documenti, scritti di N. Gallerano, L. Ganapini, M. Legnani, con premessa di Ferruccio Parri, Milano, Insmli, 1969. che si avvaleva della documentazione conservata negli Istituti della Resistenza e presso l’Archivio centrale dello Stato, il cui coordinamento era stato affidato da Legnani a due giovani storici, Nicola Gallerano e Luigi Ganapini. Tra il 1965 e il 1970 erano entrati a far parte del Consiglio direttivo Enzo Collotti, Ernesto Ragionieri e Claudio Pavone, il quale essendo all’epoca direttore dell’Ufficio studi e pubblicazioni della Direzione generale degli archivi, svolgerà anche un importante ruolo per stabilire una positiva collaborazione tra gli Istituti della Resistenza e l’amministrazione archivistica che sarà perseguita anche dai successivi direttori.

Nel 1972 Quazza subentra a Parri nella presidenza dell’Insmli e presenta “un Programma di ricerca scientifica generale”15Il testo intero è pubblicato in “Notizie e documenti”, a cura dell’Istituto nazionale e degli Istituti associati, 1972, 4, 99, pp. 19-31; un riassunto del Programma è pubblicato in … Continua a leggere strettamente connesso alla “raccolta generale delle fonti” in linea con il precedente, varato qualche anno prima da Parri. Il nuovo presidente, consapevole “dell’impatto con la polemica giovanile studentesca e della stretta contiguità fra storia e politica” si impegna a imprimere una scelta tematica e politico-ideologica tendente a collocare al centro dell’attività dell’Istituto il tema della Resistenza e conseguentemente lo studio del passaggio nel nostro paese dal fascismo alla storia repubblicana, connotando l’Istituto Nazionale ”come un vero e proprio Istituto di storia contemporanea16M. Legnani, Quazza presidente dell’Istituto nazionale, in ”Italia contemporanea”, 1997, 208, pp. 546-552.”. Si legge nel programma “un’analisi accurata del passato è la condizione prima per promuovere una presa di coscienza politico-sociale del presente, e ad essa non può e non deve sottrarsi l’Istituto, che nel nesso tra il rigore scientifico e l’impegno politico-civile ha il proprio nodo centrale17G. Grassi, L’Istituto nazionale per la storia per la storia del movimento di liberazione in Italia, in Storia d’Italia nel secolo ventesimo, a cura di Claudio Pavone, II, Roma, Ministero per i … Continua a leggere”.

Quazza sarà presidente fino al 199618Nel 1976 vengono create commissioni di settore: scientifica (presidente Guido Quazza), storica (presidente Gastone Manacorda), archivi (presidente Claudio Pavone), biblioteche (presidente Enzo … Continua a leggere, mentre Massimo Legnani sarà direttore dal 1967 al 1997: la loro lunga permanenza assicurerà una sostanziale continuità all’attività dell’Istituto nazionale, che potrà svolgere un ruolo importante nell’ampliamento degli orizzonti storiografici degli istituti portando effettivamente la ricerca per la storia della Resistenza nel più ampio contesto della storia contemporanea. Ne consegue che molti Istituti saranno indotti a modificare nel corso degli anni la loro intitolazione, includendovi l’esplicito riferimento alla storia contemporanea. A Quazza subentra Giorgio Rochat (1996-2000) e poi Laurana Lajolo (2000-2002). Alla direzione dell’Istituto subentrerà a Legnani Alberto De Bernardi (1997-2002), mentre poi verranno svolte da Mimmo Franzinelli funzioni di coordinamento scientifico (2002-2003).

A seguito della privatizzazione degli enti pubblici, l’Insmli a partire dal 1° gennaio 2003 diventa un ente di diritto privato. L’associazione diventa una federazione paritaria in cui gli istituti associati mantengono autonomia giuridica, scientifica e gestionale. Al Consiglio direttivo subentra il Consiglio di amministrazione presieduto dal presidente dell’Istituto nazionale, assistito dal direttore generale e dal direttore scientifico, che a sua volta presiede il Comitato scientifico; viene istituito il Consiglio di indirizzo, su base territoriale per un migliore coordinamento tra l’attività dell’Istituto nazionale e quella degli istituti associati, mentre restano le funzioni della Conferenza dei direttori, ora Coordinamento dei responsabili scientifici con un segretario, sorta negli anni Ottanta su iniziativa di Massimo Legnani e, ovviamente, quelle del Consiglio generale. Nel 2002 viene eletto come presidente Oscar Luigi Scalfaro affiancato dal vicepresidente Claudio Dellavalle, dal direttore scientifico Gianni Perona e dal direttore generale Gianfranco Maris. Nel 2011 diventa presidente Valerio Onida affiancato dal vicepresidente Alberto de Bernardi, dal direttore scientifico Marcello Flores e dal direttore generale Claudio Silingardi. Infine alla presidenza viene eletto Paolo Pezzino con direttore scientifico Filippo Focardi, entrambi riconfermati nelle elezioni del 2021, mentre il ruolo di vicepresidente spetterà prima a Manuela Ghizzoni e ora a Marilena Adamo e quello di direttore generale passerà da Silingardi a Mirco Carrettieri e, ora, a Sara Zanisi. La durata delle cariche diventa triennale. Lo statuto del 2009 ribadisce tra le funzioni prioritarie quella della raccolta e valorizzazione delle fonti “di cui sono parte consistente e qualificante i documenti della Resistenza e dell’antifascismo”, includendo esplicitamente tra i compiti la promozione della storia contemporanea, funzioni confermate nello statuto del 2017.

Nel corso degli anni al diverso modo di interpretare e ricordare la Resistenza da parte degli esponenti di partiti che vi avevano partecipato si aggiungono sostanziali modifiche del contesto internazionale e della vita politica e sociale del nostro Paese che portano alla dissoluzione dei partiti tradizionali, mentre il naturale decorrere del tempo ha portato la comparsa sulla scena politica di partiti e movimenti che non hanno partecipato all’elaborazione della carta costituzionale e troppo spesso non si riconoscono nei valori della Costituzione e nella sua stretta connessione alla guerra di liberazione. Questo pone l’esigenza di una vigile attenzione degli Istituti della Resistenza, detentori della memoria storica di quell’esperienza, per conciliare il ruolo centrale della ricerca sul movimento di liberazione e più in generale sulla storia contemporanea con un sempre rinnovato impegno civile. Sulla complessità della ridefinizione del ruolo che gli Istituti sono chiamati a svolgere nel rapporto complesso con la società contemporanea, sono ancora illuminanti le riflessioni di Enzo Collotti nella relazione presentata al Convegno internazionale di studi, tenuto a Milano nei giorni 18 e 19 febbraio 2000, in occasione dei cinquant’anni di vita dell’Insmli “Politiche culturali e ricerca storica”.

L’esistenza sul territorio di Istituti della Resistenza e dell’età contemporanea, deputati alla raccolta e valorizzazione delle fonti è stata di fondamentale importanza per la realizzazione delle altre funzioni della rete. Ha favorito lo sviluppo della didattica, strettamente connessa alla presenza dei docenti comandati, che ha portato alla realizzazione di seminari lezioni ed eventi organizzati con le scuole, e destinati sia ai docenti che agli studenti, per diffondere la conoscenza della guerra e della guerra di liberazione, la persecuzione degli ebrei, la nascita della Repubblica e le connessioni tra Resistenza e Costituzione, i principi fondamentali della Costituzione e, in sostanza a svolgere un ruolo importante nell’educazione alla cittadinanza, anche quando queste tematiche non rientravano ancora nei programmi scolastici e ancora oggi, forse più che in anni passati, necessarie per la formazione dei nostri ragazzi. Al ruolo centrale assunto dalla didattica si collega la rivista “Novecento.org” che esce nel 2013, ma la sua storia si collega alla persona di Antonino Criscione che già da qualche tempo aveva affiancato a “Italia Contemporanea” uno strumento telematico che assumerà l’obiettivo di dare rilievo al lavoro svolto dalle sezioni didattiche degli istituti, dopo essersi aperto al web e alla digital history. Sono stati organizzati convegni di alto livello scientifico, promosse iniziative diverse e allestite mostre anche per avvicinare alle tematiche della loro attività un pubblico più vasto. La presenza degli Istituti è stata rilevante anche nel favorire la ricerca storica locale, i cui risultati, spesso molto pregevoli, sono pubblicati nelle loro riviste o nelle loro collane. Gli sviluppi della ricerca sulle fonti e più in generale sulle tematiche che li connotano hanno portato alla pubblicazione di importanti studi a livello nazionale e alla loro pubblicazione nelle collane dell’Istituto nazionale e in quelle degli istituti associati.

Presso l’Istituto nazionale fu istituita per impulso dell’allora vicepresidente Claudio Dellavalle e del direttore scientifico Gianni Perona anche una Scuola di alta formazione, durata fino alla fine del loro mandato, che si collega alla pubblicazione di una serie di ricerche svolte dai partecipanti.

3. Il patrimonio archivistico

L’esigenza di censire il patrimonio documentario – non a caso sostenuta da Emilio Re che, come archivista di Stato, era consapevole del fatto che la tutela e la valorizzazione delle fonti parte dalla conoscenza quantitativa e qualitativa del patrimonio da custodire – rappresenta un elemento fondante nella storia dell’evoluzione delle funzioni conservative degli istituti, come a suo tempo stabilito dallo Statuto del 1949 e sempre ribadito dagli statuti successivi.

Indubbiamente sulla formazione del patrimonio documentario hanno inciso profondamente le vicende dello svolgimento della guerra partigiana e quelle connesse allo scioglimento dei CLN (1945-1949), come si evince dalla lettura delle guide pubblicate nel corso degli anni sia delle parti introduttive di ciascun Istituto che dei fondi descritti. L’ulteriore acquisizione di fondi per lo studio del fascismo e per la storia repubblicana evidenzia una pluralità di interessi collegata in parte alle situazioni locali. A una prima Guida agli archivi della Resistenza del 197419Sono state pubblicate: Guida agli archivi degli istituti della Resistenza, a cura di Gaetano Grassi, Milano, Insmli, 1974; Guida agli archivi della Resistenza, a cura di Gaetano Grassi, con … Continua a leggere, che censiva 15 istituti, seguì quella analitica del 1983, pubblicata nella collana “Strumenti” degli Archivi di Stato. Si avrà poi un consistente impegno dell’Insmli nell’adottare il programma CDS/ISIS, sviluppato dall’Unesco e messo gratuitamente a disposizione di enti e istituzioni culturali, che permise una generale descrizione del patrimonio archivistico degli istituti che poteva giungere alla descrizione dei singoli fascicoli, coordinato al centro da Gianni Rigo, per la parte informatica, Gianni Perona per la parte storica e Paola Carucci per la parte archivistica. Sia la Guida del 1983 che questa ulteriore impresa sono state rese possibili grazie a un’attiva collaborazione di tutti gli istituti e alla presenza al centro di Gaetano Grassi, di Grazia Marcialis e di Gabriella Solaro che, con grande competenza storica e accuratezza formale, hanno proceduto alla revisione e uniformità delle schede descrittive.

Successivamente è stata pubblicata un’ulteriore Guida generale sommaria, a cura di Andrea Torre, ormai unico archivista dell’Istituto nazionale Parri, pubblicata nel 2006 in due fascicoli della “Rassegna degli Archivi di Stato”, che coinvolse attivamente nel lavoro redazionale anche il personale della Divisione ministeriale. Nello stesso anno venivano pubblicati dall’amministrazione degli archivi di Stato i tre volumi a cura di Claudio Pavone sulle fonti per la storia contemporanea, il terzo dei quali era dedicato a saggi che illustrano le tipologie di fonti: un lungo saggio di Gabriella Solaro20G. Solaro, Gli archivi dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e degli Istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea, in Storia d’Italia nel … Continua a leggere descrive in maniera discorsiva, ma accurata, il patrimonio documentario dei singoli istituti, mentre nel secondo volume il già ricordato saggio di Gaetano Grassi ripercorre la storia degli istituti.

Ora anche il Sistema integrato dei Cataloghi d’archivio (Metaopac archivistico) basato sul software Archos, nella versione elaborata dall’Istituto piemontese, consente la ricerca sui fondi di questo Istituto e su quelli di un certo numero di istituti, che hanno adottato tale software.

La documentazione di vari istituti è accessibile anche nel Sistema San della Direzione generale degli Archivi, ma con una descrizione limitata al fondo e alle serie.

L’attuale esigenza di una nuova edizione analitica e aggiornata della Guida generale, in forma di sistema informativo, trova seri ostacoli nella difficoltà di far migrare i dati dal programma ISIS, ormai obsoleto e nella spinta delle regioni a utilizzare nel proprio territorio i sistemi da loro adottati; si scontra anche con una preoccupante riduzione dei docenti comandati presso gli Istituti a partire da quello nazionale, con la complessità di una gestione centralizzata per un progetto così impegnativo, con alti costi che richiedono consistenti finanziamenti.

La documentazione più consistente per quantità e qualità si trova negli Istituti storici regionali dei territori ove più aspra e più lunga fu la guerra di liberazione, specie se conservano anche il CLN del capoluogo di provincia e, talora, anche di qualche altra provincia: Istituto nazionale Parri, Istituti regionali del Piemonte, della Liguria, del Veneto, del Friuli e Venezia Giulia-Trieste, importante anche per le questioni del confine italo-jugoslavo, di quello friulano-Udine, e di quello della Toscana. Non meno importanti risultano quelli dell’Emilia Romagna, istituito nel 1979, e quello della Campania, istituito nel 1964 ma dotato di una sede solo nel 1970, consentendo finalmente l’acquisizione dei fondi. Sempre nel 1964 veniva istituito anche l’Istituto romano, unico istituto del Lazio. Negli istituti delle Marche, dell’Umbria, dell’Abruzzo, della Puglia o della Calabria via via istituiti sono ovviamente più limitate le carte del periodo della guerra e in particolare della Resistenza, ma vi sono comunque nuclei rilevanti, per esempio gli atti del congresso del CLN di Bari della fine di gennaio del 1944, mentre documenti della Brigata Maiella sono conservati in una specifica Fondazione, con sede a Pescara. In questi Istituti tende a prevalere la presenza di fonti precedenti o successive alla guerra di liberazione, tuttavia rilevanti per la salvaguardia di fonti non statali per la storia contemporanea, per l’impegno nell’attività didattica e per la promozione di ricerca sul territorio. Negli istituti della Valle d’Aosta, che conserva importanti fondi per la storia della Resistenza, e della Sardegna è rilevante anche la documentazione per la storia dell’autonomia.

Di grande rilievo per la storia della guerra di liberazione sono molti istituti provinciali, ovviamente più consistenti negli istituti delle città a nord della Linea Gotica, che include l’Appennino tosco-emiliano, soprattutto nelle città del Piemonte, come ad esempio Biella, Cuneo e Novara (Novarese Verbano Cusio Ossola); Milano (istituto di Sesto San Giovanni); Venezia e Belluno; Parma, Piacenza, Modena, Ravenna e Reggio Emilia cui si aggiungono città toscane, come ad esempio Grosseto e Lucca.

Ma la grande rilevanza del patrimonio documentario degli istituti storici della Resistenza si rileva nel considerarlo nel complesso della rete degli istituti, tenendo presente che anche un fondo molto piccolo può essere rilevante, come ben si evince dall’indice analitico della Guida sommaria del 200621L’indice dei nomi occupa 39 pagine e quello degli enti 105 pagine, in doppia colonna e corpo 12, ma soprattutto da quello della Guida analitica del 1983 che, descrivendo anche una cospicua quantità di fascicoli, fornisce un quadro imponente degli enti e organismi civili e militari che operarono durante la guerra dal settembre 1943 fino alla liberazione: nella Guida del 1983, l’indice degli enti occupa 89 pagine su due colonne in corpo 10, quello dei nomi di persona occupa 57 pagine su tre colonne in corpo 10. Naturalmente non tutti gli enti e le persone appartengono alla storia della Resistenza, ma anche alla storia dell’Italia repubblicana e, in misura inferiore al periodo anteriore alla guerra, ma l’elenco delle istituzioni resistenziali è davvero imponente. La descrizione a livello di fascicolo consente di accorpare sotto uno specifico ente indicizzato documentazione che si trova in diversi fondi documentari, cosa questa particolarmente rilevante per la documentazione acquisita anche in piccole quantità da quanti avevano partecipato all’attività militare o organizzativa nel periodo della clandestinità e dopo il riconoscimento del Governo centrale dell’Italia liberata. Va tenuto conto altresì del fatto che al 1981, data cui si riferisce la descrizione dei fondi, si tratta di 30 istituti, mentre la Guida del 2006 ne censisce, sia pur sommariamente, ben 61.

Si può obiettivamente rilevare che le fonti per la drammatica storia italiana tra l’armistizio e la liberazione coprono adeguatamente nel loro complesso, talora con fondi organici e in altri più o meno frammentari, il quadro della guerra partigiana e spesso si tratta di documentazione rara e, specie per il periodo della clandestinità, non collegata a fonti istituzionali conservati negli Archivi di Stato. Alle fonti resistenziali si affiancano importanti nuclei di documentazione di istituzioni dello Stato, come ad esempio questure e prefetture, cui furono preposte per un breve periodo persone indicate dai CLN, Tribunale speciale per la difesa dello Stato, Corti di assise straordinarie, procedimenti penali per i crimini commessi nella Risiera di San Sabba, epurazione, nuclei di carte di istituzioni militari e civili della RSI (talora costituiti da documentazione di organi fascisti sottratta durante azioni partigiane, come nella serie “Documenti nemici” del fondo CVL22Originariamente il fondo CVL conteneva una serie “Documenti nemici” in cui erano presenti materiali prodotti da organi fascisti sottratti nel corso delle azioni partigiane. In particolare, alcune … Continua a leggere dell’Istituto nazionale) e documenti tedeschi e degli alleati, dell’Amministrazione militare alleata almeno fino al dicembre del 1945, ampiamente integrati da copie acquisite negli archivi di Friburgo e Coblenza, di Washington e di Londra, e copie acquisite a Lubiana presenti nell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia a Trieste, cui si affiancano nuclei di copie di documenti raccolti per la realizzazione di ricerche e indagini; sono numerose le copie provenienti da fondi conservati soprattutto presso l’Archivio centrale dello Stato, pratica che si è rivelata col tempo costosa e non così utile, dal momento che erano accessibili gli originali.

Ampia è la rappresentanza degli archivi delle formazioni civili e militari della guerra di liberazione e degli organismi più significativi: il CLNAI e i CLN regionali, provinciali, comunali e rionali, aziendali, della scuola, ferrovieri, di alcune altre categorie; altri uffici e Uffici stralcio dei CLN; Commissione economica centrale del CLNAI, istituita nel febbraio 1945, presieduta da Cesare Merzagora23L’archivio di Cesare Merzagora è invece conservato presso l’Archivio storico della Presidenza della Repubblica.. Il fondo Corpo Volontari della Libertà (CVL), il cui complesso documentario più consistente è conservato presso l’Istituto nazionale mentre documentazione dei comandi regionali della Lombardia, del Piemonte, della Liguria, dell’Emilia Romagna e del Veneto e delle zone dell’Ossola e Valsesia, della Toscana, si trovano nei rispettivi istituti; consistenti sono in molti istituti le carte dei Comandi militari e dei Comandi di zona del CVL, uffici stralcio dei CVL e uffici storici dei Comandi CVL, conservate in vari istituti.

Bande e battaglioni partigiani, brigate partigiane, brigate Garibaldi, Matteotti, Fiamme Verdi, Osoppo, autonome; Comandi delle brigate, delle formazioni Giustizia e libertà, divisioni partigiane; servizi informazioni partigiani; il fondo “Le quattro giornate di Napoli” nell’Istituto campano. Vi sono nuclei rilevanti di documentazione del periodo fascista e di organismi civili e militari della RSI, della banda Koch e della banda del maggiore Carità. Carte di ministeri italiani del periodo del Regno e poi della Repubblica; documenti delle questure e delle prefetture e documenti della polizia politica e più in generale documenti  utili anche per comprendere la complessità delle reti di informatori. Documentazione sulla persecuzione degli ebrei e poi sulla persecuzione antipartigiana e dei Comitati di solidarietà democratica che si formano a seguito dell’attentato a Togliatti.

Incredibilmente elevata è la presenza di archivi personali – consistenti o costituiti anche da pochi fascicoli o additittura da poche carte – relativi a una quantità di persone poco note o ben conosciute dagli specialisti e a personalità importanti tra cui si citano, a titolo esemplicativo, Ferruccio Parri, il cui archivio è articolato in tre fondi, di cui due presso l’Istituto nazionale  e una cospicua parte presso l’Archivio centrale dello Stato, che coprono la sua attività dalla clandestinità all’esperienza del primo governo repubblicano e oltre; Carlo a Prato, Federico Chabod, Giorgio Agosti, Guido Quazza, Cino Moscatelli, don Agostino Vismara, Ivanoe Bonomi; Piero Calamandre, Aldobrando Medici Tornaquinci, esponente del partito liberale il cui archivio contiene tra l’altro documentazione del Ministero dell’Italia occupata nel secondo governo Bonomi, Giacomo Ferrari, Tristano Codignola, Enzo Enriquez Agnoletti, Gaetano Salvemini, Federico Caffè e Ruggero Zangrandi, Giovanni e Vera Lombardi, Mario Palermo, Pasquale Schiano, Tommaso Fiore, Emilio Lussu. Molti istituti conservano gli archivi dell’Aned e numerosi sono gli archivi dell’Anpi e della Fiap, mentre nel corso degli anni, soprattutto a partire dagli anni Settanta, gran parte degli istituti hanno ritenuto opportuno estendere la loro attività di ricerca e conservazione con documentazione  dagli anni del dopoguerra agli anni Novanta, carte di esponenti del fascismo e dell’antifascismo, della cultura, del giornalismo e della diplomazia, di enti e associazioni assistenziali, delle organizzazioni sindacali, movimenti cooperativi, commissioni interne e consigli di fabbrica, e consistenti archivi di imprese industriali, rilevanti nell’Istituto di Sesto San Giovanni (Breda, Ercole Marelli, Riva e Calzoni, Bastogi e Falck), mentre in quello campano è confluito un piccolo nucleo di documentazione dell’Italsider e a Pavia della Necchi. Si trovano carte dei movimenti contadini, dell’occupazione delle terre e della riforma agraria. Una particolare attenzione è stata rivolta agli archivi dei movimenti studenteschi e della sinistra extraparlamentare, raccolti in maniera pressoché sistematica in almeno una ventina di istituti, tra cui in maniera specifica l’Istituto romano, che includono cospicue raccolte di volantini e materiale grigio. È presente in alcuni istituti documentazione sulle stragi degli anni Settanta e Ottanta. Attenzione è stata rivolta al movimento cattolico e alle sue associazioni (Fuci, Azione cattolica e Acli); peculiare è l’acquisizione della Comunità cistercense di Tolentino (1800-1980) presso l’Istituto di Macerata. Molto rilevante è l’acquisizione di archivi dei partiti politici, che in qualche caso risale agli anni della guerra come, ad esempio, per il Partito d’Azione nell’Istituto piemontese che si collega all’attività militare del Comando formazioni GL ed è costituito da documenti versati dai maggiori esponenti del partito, mentre nell’Istituto ligure si riferisce all’immediato dopoguerra; anche in Toscana si trovano un fondo di GL (con carte di Carlo Rosselli) e un fondo del Partito d’Azione. In più di trenta istituti si conservano carte del PCI in molti casi con fondi molto consistenti, mentre sporadica ma talora consistente è la documentazione di partiti minori, o anche della Democrazia cristiana, del Partito repubblicano, del Partito liberale, del Partito socialdemocratico, mentre più diffusa è la presenza di nuclei di carte del Partito socialista italiano24Sui partiti politici, vedi G. Solaro, Gli archivi dell’Istituto nazionale per la storia del movimento, cit., III, pp. 183-272, in particolare pp. 184-186..

Un discorso a parte meriterebbero il consistente patrimonio fotografico degli istituti, le registrazioni sonore di interviste, audiovisivi, film e documentari, raccolte di stampa clandestina, di volantini e manifesti e, evidentemente, l’imponente patrimonio bibliografico.

4. Guide e informatica. Le banche dati 

Considerando la funzione di conservazione delle fonti assegnata agli Istituti della Resistenza, si comprende come non sia casuale l’impegno di elaborare guide e una precoce esigenza di informatizzare le descrizioni dell’intero patrimonio documentario e aggiornarne i dati, nonostante le croniche difficoltà di bilancio.

Oltre alle Guide del 1974, del 1983 e del 2006 va considerata la Guida alle fonti anglo-americane, in “Notizie e documenti”, 1981, 8 (numero monografico) e i due fascicoli di Anagrafe Archivi. Le Guide del 1983 e del 2006, così come i due fascicoli Anagrafe Archivi sono consultabili online in formato digitale.

Sono state pubblicate anche Guide particolari da parte di singoli Istituti e attualmente nei siti di ogni Istituto si trovano informazioni e dati sui fondi conservati e, in diversi casi, si può accedere a inventari online; inventari online possono consultarsi anche nella Banca dati Archivi del Novecento, promossa nel 1991 da Baicr Cultura alla quale hanno aderito moltissime istituzioni culturali.

Al Database Guida, realizzato negli anni Novanta con il software ISIS si accede dalla mappa geografica e dall’elenco delle regioni, e da lì si raggiungono i rispettivi istituti, consentendo l’accesso ai documenti attraverso gli enti conservatori, gli enti produttori dei singoli fondi, e ovviamente i singoli fondi, descritti fino al livello di fascicolo. Il programma era piuttosto laborioso per l’immissione dei dati, cosa che richiese un programma di addestramento professionale, mentre era molto funzionale ai fini della ricerca. Solo alcuni istituti continuano a utilizzarlo e pertanto il sistema non è aggiornato, anche perché è ormai tecnologicamente obsoleto.

Gli sviluppi dei sistemi informativi e l’evoluzione dei singoli istituti, alcuni dei quali hanno conseguito risultati spesso molto importanti, ha comportato – come si è detto – una maggiore difficoltà ai fini della realizzazione di un nuovo sistema unitario del patrimonio archivistico, che tuttavia costituisce sempre un obiettivo da raggiungere per fornire sul portale dell’Istituto nazionale un’informazione generale, organica e uniforme, sulle fonti conservate.

In considerazione dei risultati di buon livello ottenuti dall’Istituto piemontese che ha studiato e adottato il software Archos, vari istituti hanno deciso di utilizzarlo: ne è derivato, come si è detto, un Sistema integrato dei Cataloghi d’archivio (Metaopac archivistico). Ora però si pone un problema tecnico determinato dalla necessità di adottare il linguaggio php, non essendo più sviluppato da Microsoft, quello asp: questo problema è allo studio dell’attuale Commissione archivi, presieduta da Stefano Vitali, in vista di una eventuale adozione del software per tutti gli istituti.

Una ulteriore evoluzione, ai fini della consultazione dei documenti, è rappresentata dalla digitalizzazione di alcune serie documentarie realizzata presso l’Istituto nazionale25Si segnalano, tra i materiali digitalizzati: Fondo CVL, Fondo Brigata Stefanori; Fondo CLNAI-Prima serie, Periodo clandestino, Fondo CLM, città di Milano, Carte Parri-Prima serie, Segreteria … Continua a leggere e presso vari altri istituti che, ove i mezzi finanziari e una maggiore disponibilità di personale lo consentissero, potrebbe portare a progettare un Sistema informativo nazionale a livello di fondi e serie con i rispettivi strumenti di ricerca e la possibilità di collegamento a un progressivo accesso diretto ai documenti. La digitalizzazione, tuttavia, per essere efficace richiede un’attenta valutazione dei metadati. Tra le banche dati promosse dall’Istituto o in partecipazione con altri istituti o con altri enti italiani e stranieri, vanno segnalate Lettere dei condannati a morte dei deportati della Resistenza italiana (2007), progetto a base documentaria coordinato da Mimmo Franzinelli; Stampa clandestina, banca dati sui periodici della Resistenza contenente oltre 800 testate clandestine per un totale di oltre 2.500 pezzi digitalizzati.

Un impegno notevole, cui ha partecipato un altissimo numero di ricercatori, è rappresentato dalla realizzazione della banca dati Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, progetto dell’Istituto nazionale e dell’Anpi finanziato dalla Repubblica federale tedesca attraverso il Fondo italo-tedesco (ente in seno al Ministero degli esteri tedesco): sono stati censiti oltre 5000 episodi, a partire dalle prime 19 vittime della Calabria, subito dopo l’8 settembre, con numeri sempre crescenti via via che si segue la ritirata tedesca verso il nord, raggiungendo le due punte più alte dell’Emilia Romagna, con 4.780 vittime, e della Toscana, con 4.477 vittime. Alla creazione della banca dati si collegano la pubblicazione di Zone di guerra, geografie di sangue. L’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia (1943-1945), a cura di Gianluca Fulvetti e Paolo Pezzino, edito da Il Mulino nel 2016 e l’importante convegno tenuto a Milano nei giorni 14-16 settembre 2016.

Un ulteriore contributo del Fondo italo-tedesco ha portato l’Istituto nazionale alla realizzazione della mostra “Riconoscere il passato degli altri”, esposizione realizzata per il pubblico italiano e tedesco sui luoghi della guerra e della Resistenza, che verrà inaugurata il prossimo aprile; la banca dati Oggi in Spagna, domani in Italia, realizzata con l’Aicvas (Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna) che si configura come un oggetto policentrico in grado di mettere in relazione biografie di volontari (circa 3.000), luoghi (2.357), enti (1.057), eventi (95), fotografie (3.252), documenti digitalizzati (6.208), fonti archivistiche (347), conservati presso 94 enti conservatori presenti in 4 continenti, fonti bibliografiche (886 saggi e monografie), fonti informatiche (222 tra banche dati, siti e portali).

In occasione del 75° anniversario della liberazione è stato presentato il portale  presentato il portale Partigiani d’Italia, altra iniziativa di grande impegno che trae origine da La Banca dati del Partigianato piemontese, promossa da una ricerca diretta da Claudio Dellavalle a partire dal 1992 e condotta dagli Istituti piemontesi in collaborazione con il Ministero della difesa in relazione a 91.000 nominativi di partigiani, combattenti, patrioti e benemeriti piemontesi con la rilevazione di dati tratti dai fogli riassuntivi dei fascicoli personali conservati presso l’archivio dell’Ufficio Ricompart, istituito nell’ambito della Presidenza del consiglio e poi trasferito al Ministero della difesa, e infine versato all’Archivio centrale dello Stato, relativo alle pratiche esaminate dalla Commissione piemontese per il riconoscimento della qualifica di partigiano. Nel 2017, grazie a un finanziamento che l’Icar (Istituto centrale per gli archivi del Ministero della cultura) ha ottenuto dalla Direzione generale degli archivi è stato possibile avviare, grazie alla collaborazione dell’Istituto nazionale Parri con la Scuola normale superiore di Pisa e con Istoreto (l’Istituto storico piemontese), il progetto Ricompart che è stato progressivamente esteso alla rilevazione dei dati delle Commissioni di altre regioni.

Sono consultabili online anche banche dati elaborate da singoli istituti. Possono citarsi la Banca dati Archivio cartoline, con immagini degli esemplari conservati nel fondo Giulio Fiocchi dell’Istituto nazionale, e la Banca dati Archivi fotografici ove sono confluite le descrizioni a livello di fondo e serie delle raccolte di Novara, Pavia, Sesto San Giovanni, Torino e Udine; solo nel caso di Torino la descrizione si riferisce a ogni unità fotografica con riproduzione dell’immagine. Tra le banche dati degli Istituti della rete si possono segnalare almeno 68/77-I movimenti giovanili nella provincia di Forlì-Cesena (fotografie, volantini, bollettini e manifesti); Albi della Memoria dell’Istituto di Reggio Emilia, con il quale è inteso onorare tutti i caduti delle guerre. Banca dati della Collezione dei manifesti della Repubblica sociale italiana (109 manifesti) presso l’Istituto per la storia delle tre Venezie, ora Istituto veneto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea; Donne nella deportazione piemontese, progetto di valorizzazione della memoria della deportazione femminile finanziato dalla regione Piemonte, poi accresciuto con 189 testimonianze di testimoni di sesso maschile, grazie a un ulteriore finanziamento della Compagnia di San Paolo; Dizionario biografico umbro dell’antifascismo e della Resistenza, presso l’Istituto umbro che include memorie, diari, autobiografie offrendo un panorama completo per il periodo fascista e durante la guerra di liberazione; L’esodo istriano-friulano-dalmata in Piemonte. Per un archivio della memoria, presso l’Istituto piemontese, comprende finora monografie, opuscoli, manifesti e fondi fotografici e costituisce un progetto in corso; I giornali alla macchia, progetto di valorizzazione della stampa clandestina delle forze politiche dell’antifascismo e poi di formazioni partigiane di diversa ispirazione ideale e politica degli istituti di Novara e Biella con l’inclusione di materiali provenienti dall’archivio e dalla biblioteca; Lapidi della città di Torino ai caduti per la liberazione, ovvero banca dati che unisce le informazioni di 205 schede di lapidi e 369 schede biografiche; I notiziari del duce-Informatizzazione del fondo “Notiziari giornalieri della Guardia nazionale repubblicana”, recuperati da Luigi Micheletti nel 1965, consistente in 399 pezzi riuniti in 16 faldoni per un complesso di 14.542 carte con allegati; Rsi-Censimento delle fonti per la storia della Repubblica sociale italiana, promosso dall’Isec (Istituto milanese di Sesto San Giovanni), è stato progettato per conoscere la documentazione salvaguardata dalla dispersione avvenuta al momento della sconfitta con la collaborazione degli Archivi di Stato e degli istituti nei territori della RSI; Vite spezzate, censimento dei caduti nella provincia di Cuneo nella seconda guerra mondiale di tutte le Forze armate regie, prima e dopo l’8 settembre, dei civili morti nel 1943-45, dei partigiani, dei militari della RSI, degli internati in campo di detenzione e dei militari caduti nella provincia; comprende anche un archivio fotografico; Volontari antifascisti toscani nella guerra civile spagnola, include le schede nominative di 387 volontari della Regione curate dall’Istituto di Grosseto e dal Ministero de la Presidencia. Come abbiamo già visto per il Nazionale, vari istituti della rete partecipano alla realizzazione di banche dati promosse in collaborazione con altre istituzioni come nel citato caso di Archivi del Novecento – tra cui si possono almeno ricordare I granai della memoria: memorie di Piemonte; Manifesti del Novecento-Iveser, nel quale l’Istituto veneziano partecipa  “Album di Venezia” curato e gestito dal Comune; Manifestipolitici.it promosso dalla Fondazione istituto Gramsci Emilia-Romagna, La memoria delle Alpi, nato dalla collaborazione degli enti transfrontalieri di tre enti, l’Assessorato alla cultura piemontese, l’Università della Svizzera italiana e l’Università di Grenoble coordinato dal Centro di iniziativa per l’Europa in Piemonte; Memoria democratica pugliese, sulle vicende dei partiti politici che hanno contribuito alla costruzione e allo sviluppo della democrazia cui collaborano la Fondazione Giuseppe Di Vagno, la Fondazione Gramsci di Puglia e l’Istituto per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea pugliese; Storia Marche 900: audiovisivi e Storia Marche 900: emeroteca, entrambi promossi dall’istituto regionale delle Marche con la collaborazione di tutti gli istituti della regione, dell’Istituto Gramsci Marche e della Fondazione Romolo Murri di Urbino.


* Paola Carucci è stata archivista di Stato dal 1966; ha diretto due dei più importanti Archivi storici italiani, l’Archivio centrale dello Stato e l’Archivio storico della Presidenza della Repubblica. Autrice di intramontabili manuali di archivistica, di numerose guide alle fonti e saggi sulla storia delle istituzioni contemporanee, si è a lungo dedicata all’insegnamento dell’archivistica presso Scuole di archivio e presso Università. Attualmente è presidente del IRSIFAR (Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza).

Paola Carucci è stata fra i protagonisti dell’incontro pubblico Archivi, storia e Resistenza. Quale valore per il presente organizzato da ANPI Francoforte il 5 febbraio 2022 (registrazione disponibile). A complemento della sintesi sull’argomento svolta nell’incontro, ci ha generosamente fornito l’ampio resoconto che qui pubblichiamo.

Riferimenti

Riferimenti
1 Il CVL infatti, organo militare centrale della Resistenza italiana, era emanazione del CLNAI, cfr. Protocolli di Roma, editi in “MLI”, 1949, 1, p. 25, artt. 2-3.
2 Sulla costituzione del fondo CVL e sulle difficoltà per giungere al deposito presso l’Insmli cfr. A. Torre, L’Archivio storico della Fiap e delle sue carte aggregate: dalla giungla documentaria agli alberi archivistici. Descrizione, ordinamento, spunti di ricerca, a cura di G. Scirocco, in Né stalinisti, né confessionali. Per una storia della Fiap, Milano, Biblion, 2018, in particolare cfr. nota 25. Anche la Fiap si era mobilitata in sostegno del deposito del fondo CVL nell’Istituto nazionale, emanando successivamente varie circolari per stimolare i soci a depositarvi carte in loro possesso.
3 Sulla fondazione dell’Istituto nazionale, vedi, F. Parri, Scritti 1915/1975, a cura di E. Collotti , G. Rochat, G. Solaro Pelazza, P. Speziale, Milano, Feltrinelli, 1976, pp. 32-34.
4 Vedi in particolare G. De Luna, Tre generazioni di storia. L’Istituto per la storia della Resistenza in Piemonte, in “Italia contemporanea”, 1988, 172, pp. 53- 77.
5 E. Arioti, Cenni storici: le origini del sistema archivistico degli Istituti della Resistenza, in “Storia e memoria. Rivista semestrale dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea”, 2002, a. XI, 1, pp. 107-124.
6 Il CLN regionale del Piemonte, fin dal luglio 1945 aveva istituito presso la propria sede un ufficio storico per il reperimento e la raccolta sistematica dei documenti di natura militare e politica della lotta contro i nazi-fascisti. Secondo De Luna questo ufficio poteva considerarsi una filiazione diretta dell’ufficio storico operante presso il Comitato militare regionale piemontese dal quale ereditava uomini, mezzi, competenze, vedi G. De Luna, Tre generazioni, cit, p. 53.
7 Storie di archivi, Storia di uomini. L’Archivio di Stato di Torino tra guerra e Resistenza, a cura di L. Mineo e M.P. Niccoli, e-book edito dal Ministero della cultura-Direzione generale per gli Archivi, 2021.
8 Guida agli archivi della Resistenza, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali 1983.
9 “Rassegna degli Archivi di Stato”, XXVII (1967), pp. 355-409.
10 F. Parri, Scritti 1915/1975, cit., p. 548. Sulla storia degli Istituti, vedi anche G. Grassi, L’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e gli Istituti associati, in Storia d‘Italia nel secolo XX. Strumenti e fonti, a cura di C. Pavone, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, 2006, II, pp. 115-161.
11 Il riferimento ai documenti nel sottotitolo evidenzia la centralità del patrimonio nella vita dell’Ente. La stessa centralità, del resto, emerge sin dal nome “Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia”: in cui, dietro il “per”, traspare la finalità conservativa. Nell’aprile 1962 Massimo Legnani risulta dal tamburino della rivista come “responsabile”; ma in effetti la figura del “direttore” compare solo nel 1976. In precedenza, la direzione appare come una funzione condivisa da un organismo che cambia denominazione nel corso degli anni: “Comitato direttivo” fino al 1964, “Comitato di direzione, dal 1965 al 1972, “Direzione della Rassegna” dal 1973 al 1975. Dal gennaio 1976 al giugno 1978 risulta direttore unico Enzo Collotti, al quale subentra come direttore, ormai a pieno titolo, Massimo Legnani. Ringrazio Andrea Torre per aver effettuato i controlli direttamente sulle riviste e anche per altri utili suggerimenti.
12 Nel “Notiziario” in “Movimento di Liberazione in Italia”, n. 83, fasc. apr.- giu. 1966 (del 26 giu. 1966), alla, p. 127  fuori numerazione, si informa di un Comitato scientifico nominato nel corso del Consiglio generale.
13 La riunione si tiene il 10 set. 1966, come risulta da “Movimento di Liberazione in Italia”, n. 84, fasc. 3, lug.- set. 1966, p. 127 fuori numerazione.
14 L’Italia dei quarantacinque giorni. Studi e documenti, scritti di N. Gallerano, L. Ganapini, M. Legnani, con premessa di Ferruccio Parri, Milano, Insmli, 1969.
15 Il testo intero è pubblicato in “Notizie e documenti”, a cura dell’Istituto nazionale e degli Istituti associati, 1972, 4, 99, pp. 19-31; un riassunto del Programma è pubblicato in “Italia contemporanea”, 1974, 114.
16 M. Legnani, Quazza presidente dell’Istituto nazionale, in ”Italia contemporanea”, 1997, 208, pp. 546-552.
17 G. Grassi, L’Istituto nazionale per la storia per la storia del movimento di liberazione in Italia, in Storia d’Italia nel secolo ventesimo, a cura di Claudio Pavone, II, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, 2006, p. 129.
18 Nel 1976 vengono create commissioni di settore: scientifica (presidente Guido Quazza), storica (presidente Gastone Manacorda), archivi (presidente Claudio Pavone), biblioteche (presidente Enzo Collotti).
19 Sono state pubblicate: Guida agli archivi degli istituti della Resistenza, a cura di Gaetano Grassi, Milano, Insmli, 1974; Guida agli archivi della Resistenza, a cura di Gaetano Grassi, con prefazione di Guido Quazza,  Roma 1983 (collana  “Strumenti”, IC, Archivi di Stato), pp. 974;  Guida agli archivi della Resistenza, a cura di Andrea Torre, in “Rassegna degli Archivi di Stato”, II, 1-2, pp. 666. Va inoltre considerata la Guida alle fonti anglo-americane 1940-1950, a cura di P. De Marco, M.T. Di Paola, F. Ferrantini Tosi, in “Notizie e documenti”, 1981, 8, pp. 110. Anagrafe Archivi, in “Notizie e documenti”, 2, n.s. in “Italia contemporanea”, 170, pp. 53-71; Anagrafe Archivi, in “Notizie e documenti”, 6, n.s., in “Italia contemporanea”, 189, pp. 36. Per una storia complessiva degli istituti, vedi anche Insmli e Istituti associati, Quarant’anni di vita dell’Istituto nazionale e degli Istituti associati, 1949-1989, a cura di G. Grassi, con prefazione di G. Quazza, Milano, Franco Angeli, 1993.
20 G. Solaro, Gli archivi dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e degli Istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea, in Storia d’Italia nel secolo ventesimo, cit., III, pp. 183-272.
21 L’indice dei nomi occupa 39 pagine e quello degli enti 105 pagine, in doppia colonna e corpo 12
22 Originariamente il fondo CVL conteneva una serie “Documenti nemici” in cui erano presenti materiali prodotti da organi fascisti sottratti nel corso delle azioni partigiane. In particolare, alcune serie di documenti prodotti dalla Divisione San Marco e dalla Divisione Monterosa. Questi materiali sono stati estrapolati dal fondo CVL e costituiscono oggi fondi autonomi.
23 L’archivio di Cesare Merzagora è invece conservato presso l’Archivio storico della Presidenza della Repubblica.
24 Sui partiti politici, vedi G. Solaro, Gli archivi dell’Istituto nazionale per la storia del movimento, cit., III, pp. 183-272, in particolare pp. 184-186.
25 Si segnalano, tra i materiali digitalizzati: Fondo CVL, Fondo Brigata Stefanori; Fondo CLNAI-Prima serie, Periodo clandestino, Fondo CLM, città di Milano, Carte Parri-Prima serie, Segreteria particolare del presidente del consiglio, Spagna-Antifascisti in Spagna, Mostra “Milano Libera”, Inventario fondo Fiap, Inventario Carte Parri.

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